La primogenita del Cavaliere ha risposto alla provocazione di Vittorio Sgarbi di qualche giorno fa con una lettera.
L’inchiesta che ha coinvolto Marcello Dell’Utri e le donazioni ricevute dal senatore da parte di Silvio Berlusconi ha scosso, negli ultimi giorni, l’opinione pubblica: l’idea che, alla base dell’elezione del Cavaliere nel 1994, possa esserci lo zampino di Cosa Nostra è uno scenario difficilmente comprensibile.
Sul caso, aveva speso qualche parola anche Vittorio Sgarbi, grande amico del creatore di Mediaset che, proprio dal giorno della sua scomparsa, si è scagliato contro la magistratura per difendere l’onore del quattro volte presidente del Consiglio. La scorsa settimana, il critico d’arte aveva inviato una lettera aperta ai figli di Berlusconi, invitandoli a schierarsi al fianco del loro padre dopo le accuse di pesanti contatti con la mafia. Alla provocazione di Sgarbi oggi ha risposto Marina, la primogenita del Cavaliere.
“Mio padre è perseguitato anche dopo la morte”
“Ma davvero – scrive Marina a Il Giornale – qualcuno può credere che Silvio Berlusconi abbia ordinato a Cosa Nostra di scatenare morte e distruzione per agevolare la sua discesa in campo del gennaio 1994?”. Il padre, secondo la primogenita del Cavaliere, è “perseguitato anche dopo la morte. Non hanno nemmeno il pudore di fermarsi davanti alla sua scomparsa, credo che questo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta“.
“L’avviso di garanzia – continua la figlia del quattro volte presidente del Consiglio – serve così solo a garantire che l’indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell’inchiesta“. Questo, secondo Marina Berlusconi è “un meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici, che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del Paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali“.
“Perché un Paese in cui la giustizia non funziona – conclude Marina Berlusconi – è un Paese che non può funzionare. Non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civiltà giuridica. Ma penso, e spero, che chi ha davvero il senso dello Stato debba fare qualche passo importante. Non dobbiamo, non possiamo rassegnarci. Abbiamo diritto a una giustizia che, come si legge nelle aule di tribunale, sia “uguale per tutti”. Per tutti, senza che siano certe Procure a decidere chi sì e chi no“.